Tacito, Cornelio
Tacito, Cornelio
Massimo esponente della storiografia nel periodo del Principato (fine del I sec. d.C.); di lui si ignora la data, il luogo di nascita e il prænomen.
Nato da famiglia aristocratica, fu indirizzato verso studi di eloquenza che gli permisero in seguito di dedicarsi all’esercizio dell’avvocatura, attività che gli procurò fama e prestigio.
Sposata nel 78 d.C. la figlia di Agricola, governatore della Britannia, iniziò la sua carriera politica. (—) divenne questore, tribuno della plebe e membro del collegio sacerdotale dei Quindecemviri. Nel 97 d.C. venne eletto cònsul suffèctus (supplente) da Nerva. Ancora nel 110 d.C. si dedicava alla vita politica, rivestendo la carica di proconsole in Asia.
Incerta è anche la data della morte: si ritiene probabile che essa sia avvenuta nel 120 d.C.
Sue massime opere furono gli Annales in 16 libri (da Tiberio a Nerone) e le Historiae in 14 libri (da Galba a Domiziano); ad esse si aggiungono il Dialogo degli oratori, l’Agricola, la Germania.
Fervido “repubblicano”, (—) denunciò la decadenza dell’età imperiale; nel rimpiangere la perduta grandezza romana dell’età della Repubblica, egli appare più come un intransigente moralista, che un obiettivo osservatore.
La sua analisi storica risulta, inoltre, settoriale e parziale, limitandosi l’autore a descrivere le vicende dell’Urbe e le aspirazioni dei membri di pochi e ristretti ambienti politici; trascurando tutto ciò che si svolgeva al di là dei confini di Roma, nelle province, (—) sembra ignorare ciò che fece grande la città imperiale, ossia la sua universalità.
Tuttavia, egli seppe, a differenza dei suoi contemporanei cogliere la verità storica, distinguendo e discriminando i fatti falsi ed inverosimili da quelli veri e verosimili, nel tentativo di ricostruire l’esatta sequenza degli eventi (ratio) e di ricercare le reali cause degli avvenimenti.
Massimo esponente della storiografia nel periodo del Principato (fine del I sec. d.C.); di lui si ignora la data, il luogo di nascita e il prænomen.
Nato da famiglia aristocratica, fu indirizzato verso studi di eloquenza che gli permisero in seguito di dedicarsi all’esercizio dell’avvocatura, attività che gli procurò fama e prestigio.
Sposata nel 78 d.C. la figlia di Agricola, governatore della Britannia, iniziò la sua carriera politica. (—) divenne questore, tribuno della plebe e membro del collegio sacerdotale dei Quindecemviri. Nel 97 d.C. venne eletto cònsul suffèctus (supplente) da Nerva. Ancora nel 110 d.C. si dedicava alla vita politica, rivestendo la carica di proconsole in Asia.
Incerta è anche la data della morte: si ritiene probabile che essa sia avvenuta nel 120 d.C.
Sue massime opere furono gli Annales in 16 libri (da Tiberio a Nerone) e le Historiae in 14 libri (da Galba a Domiziano); ad esse si aggiungono il Dialogo degli oratori, l’Agricola, la Germania.
Fervido “repubblicano”, (—) denunciò la decadenza dell’età imperiale; nel rimpiangere la perduta grandezza romana dell’età della Repubblica, egli appare più come un intransigente moralista, che un obiettivo osservatore.
La sua analisi storica risulta, inoltre, settoriale e parziale, limitandosi l’autore a descrivere le vicende dell’Urbe e le aspirazioni dei membri di pochi e ristretti ambienti politici; trascurando tutto ciò che si svolgeva al di là dei confini di Roma, nelle province, (—) sembra ignorare ciò che fece grande la città imperiale, ossia la sua universalità.
Tuttavia, egli seppe, a differenza dei suoi contemporanei cogliere la verità storica, distinguendo e discriminando i fatti falsi ed inverosimili da quelli veri e verosimili, nel tentativo di ricostruire l’esatta sequenza degli eventi (ratio) e di ricercare le reali cause degli avvenimenti.